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mercoledì 19 agosto 2009

4.3 La castagna



La raccolta dei frutti spontanei era un’ulteriore attività economica destinata allo sfruttamento delle risorse naturali. In questo settore, il prodotto di maggior peso sul regime alimentare era costituito senz’altro dalle castagne. Bisogna però evidenziare che solo fino ad un certo punto tale risorsa economica poteva essere accreditata all’uso di aree incolte. In molti casi infatti, e sempre più sistematicamente col passare del tempo, non ci si limitava a trarre vantaggio dai castagneti spontanei, ma si procedeva ad innestare alberi, allevarli, coltivarli.
Nel Trecentonovelle le castagne compaiono solo in una occasione, nella novella CLXXV dove Pero Foraboschi, tornando dal Valdarno in direzione di Firenze, si ferma a Cascia per salutare un amico contadino. Il coltivatore lo invita a bere e gli porge delle castagne secche così dure che Pero non riesce proprio a masticarle:

“Pochi anni sono passati che in Firenze fu un gentiluomo chiamato Pero Foraboschi, il quale, essendo antico d'anni e avendo del nuovo, tornando di Valdarno verso Firenze e arrivando a Cascia, fu invitato del mese d'ottobre, quasi in fine, a bere là con uno contadino; il quale accettando l'invito, gli furono recate castagne secche, per sí fatto modo che togliendone Pero parecchie in mano, e cominciando a volerne mangiare una, tra ch'egli avea pochi denti e cattivi e la castagna era dura come pietra, e' non vi fu modo che e' non se la cavasse di bocca e rimettessela in mano, e ripresene un'altra la quale in simil forma non si macerò mai; e provando or l'una or l'altra, tutte le provò e in mano se le ritolse, sanza poterle domare. E cosí avendole in mano, pigliò commiato; e venendo verso Firenze, giammai non le dimorsò, che sempre tra via or l'una or l'altra si metteva in bocca, e quanto piú le biasciava e rugrumava, piú induravano.”

Dalla citazione estrapolata emergono diversi elementi che ci consentono di formulare delle considerazioni: il fatto che la vicenda sia ambientata a Cascia (ora in Umbria), una località d’altura, conferma che per le popolazioni dell’alta collina e della montagna la castagna ricopriva un ruolo di primaria importanza perché conferiva un significativo apporto alla sussistenza alimentare degli abitanti. Inoltre, non si possono tralasciare le umili condizioni dell’amico di Pero Foraboschi: le castagne si caratterizzavano come un cibo a destinazione prevalentemente popolare, in virtù della facile reperibilità e dell’altissimo valore calorico. Ciò spiega perché sotto la spinta del progressivo incremento demico proprio dei secoli fra il XI e il XIII, laddove la natura dei suoli sconsigliò l’espansione del coltivo, si provvide, difatti, non di rado all’impianto di castagneti da frutto, cui non si esitò a sacrificare talora l’originaria copertura forestale. Dalla fascia prealpina all’Amiata, dai monti della Liguria all’Appennino calabro, alla penuria del pane da frumento si rimediò regolarmente, secondo una suggestiva espressione, con “il pane d’albero” [...]


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