Messer Gentile da Camerino, mandando l'oste a Matelica, certi fanti da Bovegliano, essendo ebbri, combàttieno uno pagliaio, e nella fine, cogliendo ciriege, sono tutti presi.
Messer Gentile da Camerino fece bandire una volta per lo suo territorio che cotanti per centinaio dovessino con le loro arme comparire, sapendo che volea mandare l'oste a Matelica; e per obbedire, ogni suo sottoposto s'apparecchiò d'andare nella detta oste; e fra gli altri comuni e ville, andarono alla detta Matelica una nuova generazione di gente d'una villa che si chiama la pieve di Bovegliano; della qual villa si partirono per andar nell'oste trenta e dieci buon fanti, e ben armati tutti si misseno in cammino, e arrivorono ad una taverna, dove la detta brigata si rinfrescarono; e poi che ebbono molto ben beúto, che tutti erano obbriachi, andarono in su un'aia, dove era un grande pagliaio di paglia, e chi si voltolava di qua, e chi di là. Disse uno di loro che avea nome Nazzetto:
- Brigata, noi andiamo nell'oste a Matelica, e se noi non proviamo prima le nostre persone, innanzi che giugniamo a Matelica, non sapremo che fare, e là saremo vituperati; e perciò credo che sia lo meglio che noi diamo la battaglia a questo pagliaio, e facciamo ragione che sia un castello; e come faremo qui, cosí faremo a Matelica.
E cosí si furono accordati; e armandosi tutti di palvesi, e di rotelle, e di balestra, e lancioni; tutti ad una voce gridando: «Alla terra, alla terra»; alcuno gridava: «Arrendetevi, cattivelli»; e gittansi addosso al detto pagliaio, lanciando forte e balestrando verrettoni, facendo gran prove contro al detto pagliaio.
Ma il migliore fante che ci fosse, fu Nanziuolo di Nazzarello, che lanciò la lancia per fino allo stocco nel detto pagliaio. E questo detto: «infino allo stocco», s'intende, secondo il vulgare della Marca, quando tutto il ferro v'è entrato dentro. E tanto fecero la detta brigata che tutto lo detto pagliaio buttorono per terra, e poi si coricorono a dormire nella detta paglia; e traversando le gambe e intraversando l'una sopra l'altra, quando si svegliarono, e uno guarda fra le dette gambe, e videle cosí infrascate. Dice alla brigata:
- Fratelli miei, come faremo noi, che non serà chi ci recappi queste gambe, perché io non so qual si sieno le mie.
E l'altro rispondea:
- Per le maraviglie di Dio, che tu dici lo vero che non reconosciamo le gambe l'uno dell'altro.
E chi facea boto a San Venanzo, e chi a San Givingio, e chi a Santo Iemino, e chi a uno, e chi a un altro, che li campasse e rendesse le sue gambe. E standosi in questa maniera, passando uno da San Genagio, il quale avea nome Giovanni di Casuccio, ed era abbottonato d'argento dal capezzale infino al piede, da loro fu chiamato, dicendo:
- Noi ti preghiamo che ritruovi a ciascuno di noi le nostre gambe, e a ciascuno rendi le sue.
Lo detto Joanni, facendosi presso a costoro, disse:
- E che mi ci darete, se io ce le ritruovo?
Furono in patto di darli soldi dieci per ciascuno; egli furono contenti, e pagaronlo innanzi tratto; e chi diede danari e chi pegni.
Quando fu da ciascuno accordato, ed egli piglia uno bastone e gitta tra le gambe di questi pappacchioni. Quando egli veggiono questo, ciascuno si tira le sue gambe sotto, e ciascuno riebbe e riconobbe le sue; e lodando lo detto Joanni per buon maestro, e Santo Venanzo, e gli altri santi, a cui s'aveano raccomandati, che aveano mandato costui perché non fossono vituperati, pigliando ciascuno le loro arme e le loro gambe, e andarono a Matelica. Giugnendo nel campo lo dí seguente, li trenta e dieci buon fanti dalla pieve di Bovegliano andarono a mangiare le ciriege per una vigna, e chi stava ad alto e chi a terra. Quelli di Matelica uscirono fuori a scaramucciare; e traendo uno d'uno balestro, uno di questi che stava a terra, cominciò a gridare e lamentare, dicendo:
- O compagno mio, acciutemi, che io sono morto -; tenendosi l'arme a' fianchi, parendoli esser morto, come dicea, solo per lo diserrare del balestro.
E 'l compagno scende del ciriegio, e guarda costui e dice:
- Che hai tu?
E quelli dice:
- Guarda a chinche è colto quillo, quillo che fu su per l'aere.
E lo compagno guarda, e dice:
- E qui non è niente.
Ed elli risponde:
- Se no è qui, adunque è in quella folta sepe.
E stando in questa questione, li Matelicani furono alla detta brigata, e pigliarono, delli trenta e dieci buon fanti, trenta e undici. Alli quali, a cui furono tratti i denti, a cui mozzi gli orecchi; e pagarono quello che poteano per uscire di prigione. E cosí capitarono questi gagliardi, che, essendo armati di mosto, combatterono con la paglia, e poi appiè d'un ciriegio furono vinti, senza fare alcuna difesa.
- Brigata, noi andiamo nell'oste a Matelica, e se noi non proviamo prima le nostre persone, innanzi che giugniamo a Matelica, non sapremo che fare, e là saremo vituperati; e perciò credo che sia lo meglio che noi diamo la battaglia a questo pagliaio, e facciamo ragione che sia un castello; e come faremo qui, cosí faremo a Matelica.
E cosí si furono accordati; e armandosi tutti di palvesi, e di rotelle, e di balestra, e lancioni; tutti ad una voce gridando: «Alla terra, alla terra»; alcuno gridava: «Arrendetevi, cattivelli»; e gittansi addosso al detto pagliaio, lanciando forte e balestrando verrettoni, facendo gran prove contro al detto pagliaio.
Ma il migliore fante che ci fosse, fu Nanziuolo di Nazzarello, che lanciò la lancia per fino allo stocco nel detto pagliaio. E questo detto: «infino allo stocco», s'intende, secondo il vulgare della Marca, quando tutto il ferro v'è entrato dentro. E tanto fecero la detta brigata che tutto lo detto pagliaio buttorono per terra, e poi si coricorono a dormire nella detta paglia; e traversando le gambe e intraversando l'una sopra l'altra, quando si svegliarono, e uno guarda fra le dette gambe, e videle cosí infrascate. Dice alla brigata:
- Fratelli miei, come faremo noi, che non serà chi ci recappi queste gambe, perché io non so qual si sieno le mie.
E l'altro rispondea:
- Per le maraviglie di Dio, che tu dici lo vero che non reconosciamo le gambe l'uno dell'altro.
E chi facea boto a San Venanzo, e chi a San Givingio, e chi a Santo Iemino, e chi a uno, e chi a un altro, che li campasse e rendesse le sue gambe. E standosi in questa maniera, passando uno da San Genagio, il quale avea nome Giovanni di Casuccio, ed era abbottonato d'argento dal capezzale infino al piede, da loro fu chiamato, dicendo:
- Noi ti preghiamo che ritruovi a ciascuno di noi le nostre gambe, e a ciascuno rendi le sue.
Lo detto Joanni, facendosi presso a costoro, disse:
- E che mi ci darete, se io ce le ritruovo?
Furono in patto di darli soldi dieci per ciascuno; egli furono contenti, e pagaronlo innanzi tratto; e chi diede danari e chi pegni.
Quando fu da ciascuno accordato, ed egli piglia uno bastone e gitta tra le gambe di questi pappacchioni. Quando egli veggiono questo, ciascuno si tira le sue gambe sotto, e ciascuno riebbe e riconobbe le sue; e lodando lo detto Joanni per buon maestro, e Santo Venanzo, e gli altri santi, a cui s'aveano raccomandati, che aveano mandato costui perché non fossono vituperati, pigliando ciascuno le loro arme e le loro gambe, e andarono a Matelica. Giugnendo nel campo lo dí seguente, li trenta e dieci buon fanti dalla pieve di Bovegliano andarono a mangiare le ciriege per una vigna, e chi stava ad alto e chi a terra. Quelli di Matelica uscirono fuori a scaramucciare; e traendo uno d'uno balestro, uno di questi che stava a terra, cominciò a gridare e lamentare, dicendo:
- O compagno mio, acciutemi, che io sono morto -; tenendosi l'arme a' fianchi, parendoli esser morto, come dicea, solo per lo diserrare del balestro.
E 'l compagno scende del ciriegio, e guarda costui e dice:
- Che hai tu?
E quelli dice:
- Guarda a chinche è colto quillo, quillo che fu su per l'aere.
E lo compagno guarda, e dice:
- E qui non è niente.
Ed elli risponde:
- Se no è qui, adunque è in quella folta sepe.
E stando in questa questione, li Matelicani furono alla detta brigata, e pigliarono, delli trenta e dieci buon fanti, trenta e undici. Alli quali, a cui furono tratti i denti, a cui mozzi gli orecchi; e pagarono quello che poteano per uscire di prigione. E cosí capitarono questi gagliardi, che, essendo armati di mosto, combatterono con la paglia, e poi appiè d'un ciriegio furono vinti, senza fare alcuna difesa.
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