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Il mio libro in vendita

mercoledì 19 agosto 2009

Introduzione



Il Trecentonovelle non è solo una raccolta di novelle che si presentano nella loro disinvolta evidenza di fatti e storie inclini a saldarsi nell’incisività dell’aneddoto o nel colore di una figurazione icastica: è molto di più. È anche un efficace veicolo per ricostruire le consuetudini di vita della popolazione del basso Medioevo, soprattutto quelle riguardanti l’alimentazione e l’incidenza concreta, quotidiana, che una struttura economico-sociale ebbe sulla vita degli uomini.
La storia dell’alimentazione, almeno fino a qualche decennio fa, per l’Italia, fino agli studi di Massimo Montanari, è stata studiata in discipline “chirurgicamente” separate, spesso non comunicanti tra di loro; il risultato di ricerche settoriali è stato quello di rendere conto in modo approfondito di singoli aspetti, senza affrontare unitariamente le problematiche. Il lavoro condotto per la stesura di questo saggio è fornito proprio dalla ricerca di una fonte che potesse, unicamente e limitatamente ad un contesto spazio-temporale definito, dare un quadro complessivo di come fosse vissuto il rapporto tra uomo e cibo. In questa prospettiva, la raccolta del Sacchetti è esemplare: attraverso uno spaccato della società bassomedievale, l’autore ci fornisce una serie di elementi che è impossibile scindere; non si può preferire un aspetto ad un altro per il solo piacere di analizzarlo: gli aspetti fisiologici, economici, sociali, religiosi e psicologici sono correlati fra loro e tutti forieri di un’interpretazione che va oltre la “storiella burlesca” e che cela profondi significati culturali e simbolici. Molto utile si è rivelato, per un approccio storico alle novelle, il testo di G. Cherubini, Vita trecentesca nelle novelle di Giovanni Sercambi, in “Signori, contadini, borghesi. Ricerche sulla società italiana del basso Medioevo”, La Nuova Italia Editrice, Firenze 1974.
I personaggi descritti dal Sacchetti, intenti quasi sempre a svolgere le loro attività produttive, con i loro gesti e le loro abitudini, costituiscono un paradigma degno di nota per approfondire la storia dell’alimentazione. Rappresentano situazioni e comportamenti ideali per muoverci all’interno di approcci storiografici più recenti, che non si esauriscono nella ricostruzione delle imprese dei grandi uomini, ma si interessano anche alle strutture del quotidiano, alle quali appartengono gli usi alimentari dei popoli.
All’interno di queste strutture, le minime situazioni della vita di tutti i giorni hanno qualcosa di necessario, un senso ordinato. Se possono apparire immobili in relazione ad altri eventi storici, avvenimenti o cicli congiunturali, esse sono in realtà tutt’altro che statiche, anche se si sviluppano in un tempo molto più lento, il tempo lungo delle strutture, come ha evidenziato Fernand Braudel. In realtà i gesti di ogni giorno mutano con tutto quanto è collegato ad essi. Le strutture del quotidiano sono avvinghiate alla storia. Se pensiamo prima ai Greci, e poi agli antichi Romani, essi hanno desinato coricati sui letti; ma dall’alto Medioevo gli occidentali hanno abbandonato quella posizione, per mangiare seduti. Questo cambiamento di atteggiamento non è isolabile da altre trasformazioni avvenute parallelamente: in seguito, liberando la mano sinistra, la posizione seduta ha consentito di tagliare grosse porzioni di carne con i coltelli, che compaiono appunto allora sulla tavola. E senz’altro non è un coincidenza se questi “mangiatori di carne” sono stati anche coloro che hanno introdotto l’uso della forchetta. La quotidianità delle novelle ci ha così permesso di far luce su alcuni aspetti peculiari del consumo alimentare: il rapporto tra l’uomo e l’ambiente circostante, l’utilità delle figure di mestiere nella trasformazione e nella vendita del cibo, le tecniche di cottura degli alimenti e l’utilizzo di utensili rivelatori di ricette e della consistenza delle stesse.
Queste sono le chiavi con cui si è affrontato il tema dell’alimentazione nel basso Medioevo soprattutto nell’area toscana, nella quale sono ambientate la maggior parte delle novelle del Sacchetti.
Il Trecentonovelle ci ha restituito l’immagine di una società dove l’attività economica predominante era ancora l’agricoltura e dove la maggior parte degli abitanti erano contadini o artigiani. In effetti, questi secoli di espansione mercantile, manifatturiera e di relativa urbanizzazione hanno visto le strutture portanti della società rimanere le stesse: generalmente i prodotti oggetto di scambio, sia elaborati che allo stato grezzo, provenivano dalla coltivazione o dall’allevamento. Foreste e agricoltura offrivano quasi tutte le materie prime da plasmare, perché nel complesso era ancora minima l’importanza dei metalli nella vita economica.
La prima parte dell’elaborato sarà incentrata sugli animali e sul relativo allevamento, dato che costituivano una delle risorse alimentari (e non solo) più importanti sia per le famiglie contadine sia per i ceti più abbienti. Prenderò in considerazione il ruolo che ha rivestito il maiale, l’alimento per eccellenza dell’epoca medievale, mettendo a fuoco la mutazione delle tecniche di allevamento che traspare nella transizione tra l’alto e il basso Medioevo, le difficoltà relative alla macellazione dell’animale dovute alla scarsa dimestichezza di figure non adibite alla professione e gli strumenti utilizzati per lo scopo. Ma emergeranno anche parametri indicativi sul peso delle bestie, sulle loro fattezze fisiche, sulla condotta dei loro padroni. Presteranno il fianco, inoltre, ad ulteriori considerazioni anche la polivalenza delle sue parti e gli aneddoti relativi alla sistemazione e alla conservazione del suino.
Successivamente mi occuperò del ruolo degli ovini nell’economia domestica sottolineando l’importanza della pecora che, a differenza dei suini, era molto utile anche da viva in quanto fornitrice di latte e lana. Mi soffermerò anche qui sull’allevamento delle bestie e su come la loro carne venisse considerata dall’opinione comune. Interessante è anche osservare come il consumo di questo alimento veniva scandito da riti legati alle liturgie che andavano oltre l’economia e la sussistenza delle famiglie. Un altro aspetto che verrà preso in considerazione riguarderà gli alimenti derivati: l’incidenza del latte nella società descritta dal Sacchetti e il ruolo che ricopriva il formaggio sia come alimento in se stesso sia come merce di scambio per i mercati.
Per quanto riguarda gli animali da cortile, invece, essi costituivano una valida risorsa per il fabbisogno della famiglia contadina. Alcuni godevano di un’ottima reputazione tanto da essere serviti nelle occasioni di festa per il sapore e la consistenza delle loro carni. Vedremo, inoltre, che ad ogni festa religiosa sarà usanza cucinare un animale diverso. A tal proposito non si può trascurare il ruolo delle uova, cibo ricco, sano e nutriente che spesso, oltre ad essere consumato dai contadini (stabilirne la quantità è impossibile), costituiva per loro un ulteriore cespite di guadagno , dato che non disdegnavano venderle sui mercati cittadini.
Un’altra risorsa di rilievo era costituita dalla selvaggina che vagava indisturbata nelle foreste. Se per i contadini era un’ulteriore fonte integrativa alla loro dieta, per i giovani nobili la sua cattura rappresentava anche un motivo d’addestramento militare; attraverso la caccia, infatti, imparavano ad usare le armi.
In seguito tratterò le tecniche di cattura degli animali: cercherò di capire, tramite la testimonianza delle novelle, quale era la selvaggina più ambita e quali erano i luoghi teatro di caccia. Mi soffermerò anche sui sistemi utilizzati dai contadini per catturare gli animali mettendoli poi in relazione con quelli in uso dalle classi più agiate. Il raffronto è possibile dal momento che l’approccio all’attività venatoria era totalmente opposto.
Le novelle, inoltre, ci offrono particolari utili per farci un’opinione su quali erano gli animali maggiormente ricercati e quali più temuti.
Se la caccia costituiva una risorsa significativa, la pesca non era da meno: la facilità con cui veniva catturato questo prodotto e la bontà di alcune specie ne facevano un cibo particolarmente apprezzato. Di conseguenza mi è parso opportuno soffermarmi sulla sua larga reperibilità e sulla sua compravendita: in effetti, una derrata a disposizione di tutti, sia nelle acque dolci dell’interno che nel mare, non poteva non essere venduta in grande quantità sui banchi del mercato e nelle pescherie. Ma il pesce era anche alimento dalle connotazioni fortemente religiose; l’astinenza dalla carne nel periodo di Quaresima ne faceva la vivanda più ricercata. In merito a questo tema, il Trecentonovelle ci fornisce una testimonianza su come venivano recepiti dalla popolazione tali precetti. Le novelle sono di grande utilità anche per determinare quali erano le specie, reputate all’epoca, più succulente e quali i metodi più utilizzati per catturarle.
Gli uomini non si cibavano solo di animali. Esistevano prodotti meno gustosi, che fornivano comunque un apporto quotidiano soprattutto sulle mense dei contadini, ossia i prodotti dell’orto. Le novelle prese in esame ci danno indicazioni sulla loro dislocazione, su quali ortaggi venivano coltivati e quali adoperati per fare salse o preparare minestre. In alcuni casi l’uso così diffuso ci induce a considerare aspetti che vanno al di là del semplice consumo, come ad esempio la buona conservazione nel tempo, le proprietà curative o i significati simbolici. Le novelle ci mostrano anche i più ricchi intenti a consumare pasti frugali mettendo in discussione il luogo comune che erano ritenuti alimenti riservati ai poveri. La differenza sostanziale era che per loro costituiva una variante, mentre per i più poveri rappresentava la sussistenza quotidiana.
Noteremo, poi, che con l'impulso del mercato il consumo degli ortaggi non fu più limitato agli stessi produttori: la commercializzazione di tali prodotti divenne dinamica, sia nei mercati più distanti (quando gli ortaggi non erano troppo facilmente deteriorabili) sia, e soprattutto, negli scambi fra le campagne e i vicini centri urbani.
Interessanti sono anche le indicazioni che riguardano gli strumenti di manutenzione dei vegetali, soprattutto perché ci confermano una relativa contiguità tra i seminativi dei campi e quelli dell’orto.
Per quanto riguarda il ruolo della frutta, le notizie sono poche ma permettono di capire che essa veniva apprezzata da persone di tutti gli strati sociali. Indiscutibilmente per i più poveri, il consumo di frutta aveva comunque una valenza marginale; essi ne usufruivano solo se piantavano qualche albero da frutto nel proprio orto, mentre i nobili ne facevano ampio uso soprattutto nelle occasioni di festa. In definitiva, la frutta ricopriva ancora il ruolo di prodotto di nicchia poiché solo i fini palati dell'aristocrazia potevano gustarla con regolarità.
Se la frutta era considerata cibo da ricchi, ciò non si può dire per la castagna che, soprattutto per gli abitanti delle zone di montagna, contribuiva a fornire un significativo apporto calorico ai loro pasti. In merito, vedremo con quali sistemi le castagne venivano conservate e con quali modalità venivano consumate.
Dalla lettura delle novelle, poi, emerge il ruolo fondamentale del vino, una risorsa di grande peso per il suo valore nutrizionale, officinale e liturgico, senza dimenticare la sua diffusione “trasversale” nella società e la sua notevole importanza nel favorire la convivialità.
Cercheremo di capire su quali standard si allineava la qualità della bevanda, con quali criteri veniva conservata e consumata, e gli eventuali risvolti economici che ne scaturivano.
Mi occuperò poi delle figure di mestiere, figure che avevano il compito di trasformare i cibi o di venderli. Osservare i lavori che venivano svolti sugli alimenti è stata un’ottima occasione per comprendere meglio i meccanismi alimentari della società dell’epoca.
La più antica figura in questo campo era quella dell’oste: il Sacchetti ne descrive le mansioni, le tipologie di cibo che offriva agli avventori senza tralasciare anche particolari sulla sua indole, utili per capire anche chi frequentava le taverne.
Successivamente mi soffermerò sul mestiere del fornaio, una delle figure più interessanti; egli aveva un ruolo decisamente importante perché cucinava l’impasto preparato dalle donne a casa, oltre a confezionare alcune pagnotte per i viaggiatori o per chi non poteva provvedere da solo. Se pensiamo che egli manteneva la giusta temperatura durante la cottura senza avere a disposizione né orologio né termometro, ci rendiamo conto di quanto fosse delicata la sua attività. Il Sacchetti, descrivendolo oberato di lavoro, gli conferisce la giusta importanza all’interno del centro urbano. Osservando il fornaio, poi, si potevano capire molte cose: ad esempio le abitudini alimentari della gente, osservare quali cibi venivano commissionati (perché nei forni non veniva cucinato solo il pane, ma anche la carne e il pesce), perfino la situazione economica di un paese.
Se il fornaio aveva il compito di cucinare il pane, il mugnaio, invece, era colui che era abilissimo nel far funzionare la complicata macchina del mulino. Ma il Sacchetti più che elogiare o fornirci particolari tecnici su questo mestiere, si sofferma sull’abilità truffaldina dei mugnai, che erano percepiti disonesti, pigri e superficiali. La loro cattiva reputazione ebbe un peso determinante contro artigiani indispensabili, ma un po’ marginali.
Un ruolo di primo piano aveva il macellaio, che vendeva tutti quegli animali nominati in precedenza e soggetti all’allevamento. La lettura delle novelle ci permette di capire quali tipi di carne e soprattutto in quali periodi dell’anno andavano per la maggiore. Degni di nota sono i particolari relativi ai luoghi che venivano adibiti a mercato e allo scarico degli scarti animali. Notevoli sono anche le informazioni che riguardano l’attività dei beccai: vengono descritte le procedure relative alla macellazione delle bestie (soprattutto il maiale), ma emergono anche dettagli su un lavoro che talvolta veniva esercitato a domicilio. Compaiono, inoltre, una serie di luoghi nei quali si commerciava la carne: chioschi, botteghe, taverne e anche sui banchi della frutta, ognuno con caratteristiche differenti .
Di rilievo è anche il ruolo del vignaiolo: le novelle ci forniscono indicazioni sulle opinioni dell’epoca in merito alla vite da trapiantare e sulla qualità del prodotto ottenuto. Affiorano particolari anche sui luoghi adibiti all’innesto e alle tecniche di manutenzione della pianta. Il Sacchetti sottolinea, poi, le diverse scelte dei nobili che, per motivi di prestigio, cercavano vitigni di valore al di fuori della regione d’appartenenza.
Infine l’analisi si sposta sulla tecniche di cottura dei cibi, sugli ingredienti utilizzati, sulle ricette e sui condimenti. Spicca anche l’importanza attribuita all’estetica della cucina, dove il piacere della sorpresa e dei colori erano tenuti in grande considerazione. Si apprende, per di più, come si cucinavano le varie pietanze, con quali cibi venivano abbinate o guarnite e come le valutavano i personaggi.
Ho esteso la mia attenzione anche sugli strumenti della cucina. Mi sono occupato del focolare/camino, cercando di capire dove fosse sistemato, con quali materiali fosse costruito e se fossero utilizzati degli attrezzi per governare il fuoco. Poi ho esaminato le pentole, le grattugie, i recipienti e tutti gli utensili nominati: questo lavoro si è rivelato utile perché mi ha fornito ulteriori parametri di valutazione riguardo alle vivande preparate. L’uso di certi alimenti mi ha, invece, suggerito l’impiego di determinati oggetti che mancavano all’interno delle novelle.
Infine la mia attenzione si è focalizzata su quali suppellettili venivano adoperate durante il pasto; interessante è stato apprendere come sedie, tavoli e il vasellame da cucina, non solo denotavano una gerarchia nella società, ma anche all’interno della famiglia.
La lettura del Trecentonovelle ci offre preziose informazioni sulla cucina medievale, fondendo nozioni provenienti dalla vita e dall’esperienza quotidiana, dalla cultura medica o dall’ambito religioso, ed evidenzia le caratteristiche del genere stesso e il metodo di lavoro del Sacchetti, che ha abilmente amalgamato contributi provenienti da sfere culturali diverse e ricostruito con buona dovizia di particolari l’affascinante e ricco mondo gastronomico del basso Medioevo.


4 commenti:

riccardo uccheddu ha detto...

Apprezzo molto il fatto che esista qualcun altro (oltre me e forse non molti altri) che abbia questo rispetto per la cultura o meglio, per il "mondo" medievale.
Mondo che sia pure "letto" con lenti storiche, quindi debitamente contestualizzato, si rivela estremamente stimolante.
Ciao.

Francesco e Angelo Cerbone ha detto...

Ciao siamo Tidus711 del blog Aria di NBA (http://airofnba.blogspot.com) accettiamo volentieri la tua proposta di scambio link.

parlamipiano ha detto...

Sono felice che ti sei fatto scoprire, i tuoi blog sono interssanti. Questo è veramente particolare.
Anche io ti inserirò fra quelli che seguo.
Ciao a presto

Unknown ha detto...

ciao! ho trovato solo ora la tua richiesta di scambio di link e ricambio con vero piacere ^^ spero verrai a trovarci spesso ;)

*Asgaroth