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mercoledì 19 agosto 2009

1.1 Gli animali come risorsa domestica



L’aspetto che più colpisce, leggendo il Trecentonovelle, è la fitta presenza degli animali sulle tavole bassomedievali. In effetti maiali, capponi, starne, capretti, castroni senza dimenticare le molteplici varietà di pesce, alimento consumato dal clero e prediletto dalla comunità nei periodi di magro, venivano consumati sia dai ceti benestanti sia dai poveri. Ovviamente l’incidenza di questo regime alimentare, all’insegna della carne, pendeva tutto a favore dei primi, che rispetto ai più indigenti potevano spendere somme considerevoli per accaparrarsi i cibi più succulenti. La dieta dei contadini, improntata sul consumo dei cereali (caratteristica che nell’opera del Sacchetti fatica ad emergere), veniva incrementata e migliorata grazie all’allevamento dei volatili da cortile e, soprattutto, di qualche suino riservato alla mensa familiare. Questa opportunità garantiva all’uomo medievale non solo una sicura risorsa di cibo ma anche l’utilizzo di alimenti derivati, riserva preziosa soprattutto per il sostentamento dei ceti meno fortunati. Bisogna anche mettere in conto che probabilmente sarebbe stato più semplice uccidere un animale addomesticato che uno selvatico.
Sono molteplici le novelle del Sacchetti (LXX, CII, CX) che narrano le logoranti manovre, non sempre giunte a buon fine, per acciuffare, ammazzare e conciare i porci. Nella novella LXX, Torello vuole uccidere uno dei maiali ricevuti in dono ma, a causa della scarsa dimestichezza, riesce solo a ferirlo. I grugniti dell’animale spaurito attirano l’altro porco che si precipita in suo aiuto, creando così una violenta colluttazione con il contadino:

Torello recatosi in concio che era gottoso e debole, si mette il grembiule, e chinasi e fa chinare gli altri a pigliare il detto porco per le gambe, e fannolo cadere in terra: come gli è in terra, Torello che avea attaccato il coltellino alla coreggia, se lo reca in mano, e volendo fedire il porco per ucciderlo, e standoli col ginocchio addosso e senza brache, e 'l figliuolo essendo andato per un catino per la dolcia, appena era il ferro entrato nella carne un'oncia, che 'l porco cominciò a gridare; l'altro che era sotto una scala, sentendo gridare il compagno, corre e dà tra' calonaci di Torello. Come il ferito sente il compagno venuto alla riscossa, furiosamente dà un guizzo sì fatto che caccia Torello in terra.

In appendice alla novella, Sacchetti descrive quanto è successo ad un altro giovane, il quale viene ferito da un maiale che egli tenta a sua volta di uccidere; è interessante evidenziare come la furia dell’animale [...]


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