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Il mio libro in vendita

lunedì 17 agosto 2009

Novella XXXVII



Bernardo di Nerino, vocato Croce, venuto a questione a uno a uno con tre Fiorentini, confonde ciascuno di per sé con una sola parola.

Seppe meglio quello che disse in tre cose a tre uomeni, essendo a contesa con loro, costui di cui parlerò al presente. Bernardo di Nerino, vocato Croce, fu nel principio barattiere, e in questo tempo fu di sí forte e disprezzata natura che si metteva scorpioni in bocca, e con li denti tutti gli schiacciava, e cosí facea delle botte e di qual ferucola piú velenosa. S'egli era di diversa natura, ciascuno il pensi, che per accesa, continua e mortal febbre, sfidato da' medici, veggendolo molto ardere, vollono fare notomia di sí fatta natura, addomandandola elli: il feciono mettere nudo in una bigoncia d'acqua fredda, come esce del pozzo, e preso costui cosí ardente e nudo, ve l'attufforono dentro, il quale cominciando a tremare e schiacciare li denti, stato un pezzo, lo rimisono nel letto, e subito cominciò a migliorare, e spegnersi l'arsione in forma che guerío.
Ora, tornando alla materia, costui prestando in Frioli di barattiere nudo tornò ricco a Firenze, e venendo spesso a parole con altrui, porgea detti nel quistionare che confondea ognuno; e io scrittore fui presente a tre volte, le quali a piedi si diranno. La prima fu, che avendo parole con uno stato barattiere, com'elli, assai disutile uomo, chiamato Fascio di Canocchio, il detto Fascio disse al Croce:
- E' ti pare essere un gran maestro, e' mi darebbe cuore di venderti sul ponte a Sorgano.
E 'l Croce rispose: - Io ne sono molto certo, ed è segnale, quando si trovasse il compratore di me, che vaglio qualche cosa; ma e' non mi darebbe cuore di vendere te in sul ponte al Rialto, tenendoviti suso tutto il tempo della vita mia, tanto se' tristo e doloroso.
Costui ammutoloe e rimase confuso.
La seconda volta il detto Croce ebbe questione su la piazza di mercato nuovo con uno chiamato Neri Bonciani, il quale parea piú tapino che Fascio di Canocchio, era sparuto e avarissimo, ed eranvi molti cittadini tratti al romore. Quando vedde assai gente là corsa, e quelli si volge a loro, dicendo contra il detto Neri:
- Deh guardate, signori, per cui fu morto Cristo, che è cosa da non esser mai lieto né contento.
La brigata tutta comincia a ridere, e a Neri si turò la strozza in sí fatta forma che si partí, e mai non disse parola.
La terza fu che Giovanni Zati, non essendo ancora cavaliero, essendo molto piccolo e sparuto, e avendo il padre prestato in Frioli, volle mordere il Croce dell'anima nel prestare che avea fatto, e lui mettea in parole nel paradiso; e 'l Croce disse dopo molte parole:
- Giovanni, io ti vorrei fare una piccola questione; e questa è che io vorrei saper da te, se tu andassi al luogo comune, e fatto el mestiero del corpo, e avessi bisogno d'adoperare la pezza, e in quel luogo fosse dall'un lato sciamiti, dall'altro drappi, da un'altra parte fossono pezze per quello mestiero, qual piglieresti per nettarti?
Rispose:
- Piglierei le pezze da quel mestiero.
E 'l Croce disse presto:
- E cosí farà il diavolo di te.
Costui sentendosi cosí mordere, e la sparuta vista e l'opere sue, che ancora non meritavono paradiso, come si dava a credere, mai né allora né poi si stese in simil ragionamenti con lui.
E cosí questo Croce cavò d'errore questi tre errati di loro medesimi, li quali sono molti come costoro che s'ingannono sí forte che credono che tutti gli altri siano ciechi, e a loro pare avere gli occhi del lupo cerviere, non pensando chi siano, né quanto vaglino l'opere loro, essendo peggiori che tali con cui contendono, si vogliono fare di buona terra, mostrandosi buoni, essendo il contrario. E per questo nacque quel proverbio: «Lo sbandito corre drieto al condennato». Ma a tutti intervenisse che s'abbattessono al Croce, il quale non essendo Socrate, non Pittagora, non Origene, né degli altri filosofi ch'ebbono profonde sentenzie, ma uno omicciatto disutile, con cosí nuove ragioni che gli confondesse come confuse questi tre con cui venne a questione: questo non gli diede scienza, ma sottigliezza e ingegno di natura.


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