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lunedì 27 febbraio 2012

Il vino nel Medioevo, una bevanda per tutti!

Una bevanda dai mille usi. Il vino, durante l'epoca medievale, fu la bevanda polifunzionale per eccellenza, veniva utilizzato non solo per scopi alimentari ma anche medicinali, politici e liturgici. Ovviamente non esistevano sistemi di conservazione moderni e la bevanda veniva consumata fresca. Addirittura erano ritenuti migliori i vini meno invecchiati! E' facile supporre che il sapore non era proprio squisito... Spesso venivano adottati alcuni accorgimenti per migliorarne il gusto: se sapeva di legno o era inacidito si mischiava con l'allume oppure se era troppo debole si amalgamava con il mosto cotto. La pratica più utilizzata per migliorarne il sapore era quella di aromatizzare il vino con le spezie o frutta: miele, anice, zenzero, cardamomo, chiodi di garofano, frutta e rosmarino erano gli ingredienti più gettonati.

Vino o sciroppo? Il rosmarino aveva una doppia valenza, infatti, oltre ad insaporire la bevanda, si riteneva che avesse proprietà medicamentose: giovava all'appetito, sollevava lo spirito, faceva crescere i capelli, aiutava a mantenersi giovani e ad avere i denti puliti.

Al posto del caffè e della cioccolata. Come mai il vino era ampiamente usato nel Medioevo? La risposta è semplice, prima di tutto veniva utilizzato in tutte quelle situazioni in cui oggi adotteremmo altre bevande corroboranti e socializzanti quali il caffè, il tè, la cioccolata che a quel tempo non si bevevano per il semplice fatto che in Europa non erano ancora conosciute. I documenti confermano che era normale bere anche due litri di vino al giorno pro capite ma come ho accennato prima, la bevanda era molto diversa da oggi, decisamente più leggera e spesso mischiata con l'acqua che, non esente da microbi, doveva pur essere disinfettata...

Una bevanda per tutte le classi. Il vino annacquato (terza pigiatura), nel peggiore dei casi l'aceto, veniva anche elargito ai poveri mendicanti insieme al pane. Questo particolare ci fa capire come proprio il vino non solo fosse alla base della dieta alimentare del tempo, ma che venisse consumato da tutte le classi sociali.

Apprezzato dal clero. Il vino era caro anche agli ecclesiastici per i tradizionali usi liturgici. Basti pensare a Bernardo, l'ex monaco benedettino che fondò nel 1112 l'ordine dei Cistercensi, quando fu eletto, favorì la produzione di vini di alta qualità specialmente in Borgogna.

Vino e politica. Questa bevanda era utilizzata anche per scopi  politici, dal momento che nei rapporti tra città e Stati sovente il "tributo del vino" compariva "in segno di pace, d'amicizia, di sudditanza o per suggellare un'alleanza.

Brindiamo al Matrimonio! Vediamo, a tal proposito, un esempio tratto dalla Historia Langobardorum di Paolo Diacono (Libro 3, 35). Siamo nel 590 d.C. e dopo l’improvvisa morte di Autari, la regina Teodolinda sceglie Agilulfo, il duca di Torino, come suo consorte. Il matrimonio viene sancito bevendo del vino da una coppa.

Illa vero consilium cum prudentibus habens, Agilulfum ducem Taurinatium et sibi virum et Langobardorum genti regem elegit. Erat enim isdem vir strenuus et bellicosus et tam forma quam animo ad regni gubernacula coaptatus. Cui statim regina ad se venire mandavit, ipsaque ei obviam ad Laumellum oppidum properavit. Qui cum ad eam venisset, ipsa sibi post aliqua verba vinum propinari fecit. Quae cum prior bibisset, residuum Agilulfo ad bibendum tribuit. Is cum reginae, accepto poculo, manum honorabiliter osculatus esset, regina cum rubore subridens, non deberi sibi manum osculari, ait, quem osculum ad os, iungere oporteret. Moxque eum ad suum basium erigens, ei de suis nuptiis deque regni dignitate aperuit.

Subito la regina lo convocò, anzi gli andò incontro lei stessa verso la rocca di Lomello. E una volta che Agilulfo fu arrivato, Teodolinda, dopo qualche convenevole, fece portare del vino. Bevve per prima, offrendo poi ad Agilulfo ciò che restava nella coppa. Accettata la coppa dalla regina, Agilulfo rispettosamente le baciò la mano; ma Teodolinda, sorridendo e imporporandosi in volto, gli disse che non doveva baciarle la mano bensì la bocca. E subito, facendosi baciare, lo informò sia delle nozze sia del titolo regio.

mercoledì 15 febbraio 2012

Minestra di farro e ceci

Ecco un'ottima e corroborante zuppa dai sapori e odori prettamente medievali, la minestra di farro e ceci. Vediamo come si prepara:

Ingredienti x 4 persone
400 gr. di ceci rugosi secchi
200 gr. di farro perlato
1,5 lt brodo di verdura
1 gambo di sedano
1 cipolla
1 spicchio d’aglio
1 rametto di rosmarino
qualche foglia di salvia
sale
pepe nero in grani
cannella o noce moscata (a piacimento)
30 gr. di lardo di maiale
olio extravergine di oliva

Preparazione: lasciare in ammollo i ceci per 12 ore e lessarli in una pentola a pressione per 50 minuti. Nel frattempo preparare un battuto con il sedano, la cipolla, l’aglio, il rosmarino e la salvia e farli soffriggere nel lardo in una casseruola capiente. Aggiungere i ceci, farli insaporire per 15 minuti (a fuoco basso) dopodiché passarne la metà nel mixer e frullarli. Rimettere nella pentola a pressione la crema ottenuta nella casseruola insieme ai ceci interi, al brodo e al farro perlato. Continuare la cottura ad enbollizione lenta per altri 20 minuti. Quando la zuppa sarà pronta, farla riposare per 7-8 minuti poi servirla in tavola con una spolverata di pepe macinato fresco, noce moscata o cannella e un filo di olio di extravergine d’oliva.

venerdì 3 febbraio 2012

Il pesce nel Medioevo

Il Papa Goloso di anguille. Martino IV, al secolo Simon de Brion, dopo aver fatto una scorpacciata di anguille (del lago di Bolsena) annegate nella vernaccia e poi preparate arrosto (e speziate per benino) era solito esclamare "O sanctus Deus, quanta mala patimur pro Eclesia Dei". Il religioso fu così ghiotto di cotale pietanza che Dante non si dimenticò di riservagli un ruolo nella Divina Commedia (nel Purgatorio). Ecco il verso che si riferisce proprio a Papa Martino IV: "Purgo per digiuno l’anguille di Bolsena e la vernaccia".